Greenwashing: dalle parole ai fatti
Molte aziende - per soddisfare questa richiesta di sostenibilità - dichiarano il loro impegno a ridurre le emissioni e sottoscrivono la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
L’organizzazione tedesca New Climate Institute, ha analizzato gli annunci in tema di sostenibilità di molte grandi aziende e ha rilevato che, dietro a questi annunci si nasconde spesso un ecologismo di facciata, che viene definito Greenwashing.
Queste aziende cercano di costruirsi una reputazione green (oggi molto gradita ai consumatori di tutto il mondo) tramite azioni di marketing ingannevoli (campagne pubblicitarie, o iniziative di “responsabilità sociale”). Questo approccio alle problematiche ambientali non comporta un reale miglioramento dei processi produttivi adottati, o dei prodotti realizzati.
La Federal Trade Commission (FTC) americana è stata la prima a definire delle linee guida che impongono alle aziende chiarezza e trasparenza nel definire gli obiettivi concreti del proprio impegno per l’ambiente. In Italia, il greenwashing viene considerato pubblicità ingannevole ed è controllato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ha multato in passato alcune aziende del settore acque minerali che definivano, nelle campagne pubblicitarie, le loro bottiglie di plastica: a “impatto zero” o “amiche dell’ambiente” millantando pregi ambientali non veritieri.
Per verificare la reale sostenibilità delle aziende esistono le certificazioni ambientali, come lo standard europeo EMAS, l’ISO 140001, o il Global Recycled Standard.